Halloween come occasione educativa
Sotto il cappello da stregone, due utili occasioni educative
C'è un momento, ogni anno, in cui le vetrine iniziano a tingersi di arancione, compaiono fantasmini e pipistrelli sorridenti, e i bambini cominciano a parlare di maschere e dolcetti. Arriva Halloween e con lui una lunga scia di reazioni contrastanti. C’è chi lo accoglie come una festa divertente, chi lo vive con distacco, chi lo respinge come qualcosa che “non ci appartiene”.
Ma per i bambini — quelli che ancora non distinguono le feste “giuste” da quelle “straniere”, le tradizioni autentiche da quelle importate — Halloween non è un dibattito. È un gioco. È un mondo immaginario pieno di zucche che brillano, di mostri buffi, di possibilità travestite.
E forse, proprio per questo, vale la pena fare un passo indietro. O meglio: un passo al loro fianco.
Guardare dal loro punto di vista
Ai bambini non interessa il peso culturale della festa. Non si chiedono se sia “nostra”, né si interrogano sull’adeguatezza dei simboli. Vivono il presente con occhi pieni di meraviglia e ogni occasione è buona per creare una storia, interpretare un ruolo, inventare un piccolo mondo.
Se noi adulti ci fermiamo al giudizio rischiamo di perdere l’opportunità di entrare nel loro campo di gioco. Non serve adottare in toto la celebrazione (celtica, statunitense o sudamericana che sia) e le sue credenze, né trasformarla in qualcosa che non ci rispecchia. Basta considerarla per ciò che è: una porta aperta sul piano immaginativo del bambino.
Una festa non nostra, ma inaspettatamente educativa
Accogliere qualcosa che non ci appartiene del tutto può essere difficile, soprattutto quando sentiamo di dover proteggere un'identità culturale o un sistema di valori. Eppure, anche questo gesto — apparentemente piccolo, come appendere una ghirlanda o ritagliare una zucca — può diventare un’azione educativa.
Aprirsi al diverso, anche solo simbolicamente, insegna ai bambini che non tutto ciò che “non ci somiglia” è da evitare. Che si può entrare in contatto con ciò che è altro senza rinunciare a se stessi.
In questo senso, Halloween smette di essere una festa americana da tollerare, e diventa un’occasione per parlare di curiosità, apertura, dialogo. Non con grandi discorsi, ma con piccoli atti quotidiani che dicono: “proviamo a guardare insieme”.
Travestirsi per esplorare
Il travestimento è spesso considerato dall’adulto un gioco leggero, quando non un capriccio o una seccatura. Ma chi osserva davvero il gioco simbolico dei bambini sa quanto possa essere un atto ludico che si immerge nel profondo. Travestirsi non è solo mascherarsi: è provare un’identità, sperimentare un’emozione, entrare e uscire da un ruolo. È un modo per conoscersi senza dover spiegare tutto a parole.
E Halloween, da questo punto di vista, offre un terreno ricchissimo: mantelli, denti finti, cappelli da strega. Oggetti che non sono “solo costumi”, ma strumenti che permettono al bambino di mettersi in gioco. Di esplorare, rappresentare, inventare. E, spesso, anche di sentirsi più forte.
Decorare come gesto di accoglienza
C’è chi teme che addobbare casa per Halloween significhi svuotarla del suo significato, trasformarla in qualcosa di artificiale. Ma entrare, anche solo per pochi giorni, nell’immaginario del bambino non vuol dire snaturarsi. Vuol dire stare accanto, partecipare al suo modo di vedere le cose, concedersi un po’ della sua leggerezza.
Una decorazione condivisa, un angolo allestito insieme, una figura buffa alla finestra non cambiano l’identità di una famiglia. La ampliano. E, cosa non da poco, regalano un tempo di relazione, fatto di risate e colla vinilica, giochi e storie inventate.
Giocare con la paura, trasformarla
Molti dei simboli di Halloween toccano le paure più comuni nei bambini: il buio, i mostri, la solitudine. Eppure, proprio questi elementi possono diventare strumenti per attraversare le emozioni più scomode, se messi nel contesto del gioco.
Ridere di un fantasma buffo, creare un ragno gigante con la carta crespa, travestirsi da strega per poi togliere il cappello e tornare sé stessi: sono piccoli atti trasformativi. Proprio come nella celebre scena di Harry Potter, in cui gli studenti affrontano le loro paure trasformandole in qualcosa di ridicolo, anche qui il gioco smonta il mostro, ne riduce il potere.
Non elimina la paura, ma la rende affrontabile. E lo fa insieme, con l’adulto al suo fianco.
Halloween, allora, non è obbligatorio. Ma può diventare prezioso.
Non per la festa in sé, ma per il modo in cui possiamo viverla insieme ai bambini: con ascolto, gioco, apertura.
Anche solo per un giorno, anche solo con una decorazione appesa in casa. In fondo è un modo per dire al bambino: “Ti vedo. E oggi ti raggiungo anch’io nel tuo mondo fantastico”.






