Non aprite quella porta 2

Non aprite quella porta 2

Risvolti sociali? Quali risvolti sociali?

Se pensi che portarli al parco o farli giocare in giardino serva solo a scaricare le energie in eccesso (mentre tu tenti di recuperare le tue, magari), allora sappi che stai facendo molto, ma molto di più per i tuoi bambini e per la società intera. Ti stai davvero impegnando nell’ambito dei giochi educativi. Di cosa stiamo parlando? Della potenza del gioco all’aperto, dei suoi risvolti nascosti, di conseguenze meno ovvie ma preziosissime.

CONSEGUENZE EMOTIVE

Si scaricano fuori? Altroché. Ma succede anche altro? Assolutamente sì!Peccato considerare il gioco in esterna solo come uno strumento di emergenza da utilizzare quando diventano incontenibili.

Quando si trovano all’esterno i bambini si rapportano direttamente con quello di cui sono fatti: la Natura. Il fatto, poi, che l’esperienza fuori non sia mediata obbligatoriamente dall’adulto si traduce in grande autenticità: liberati dai “filtri” degli adulti che già conoscono tutto, anticipano molto e vedono principalmente pericoli e seccature, i bambini sono liberi di misurarsi con l’ambiente esterno da tutti i punti di vista, primo fra tutti il senso della scoperta. Un mondo in cui IO scopro in autonomia, IO approfondisco, IO traggo conclusioni, IO rielaboro, IO sono libero di fantasticare è un mondo infinitamente interessante nel quale IO produrrò autostima ogni minuto che passa.

Nel libro A testa in giù. La scuola del mondo alla rovescia, lo scrittore Eduardo Galeano osservava: “Prigionieri delle trappole della paura i bambini della classe media sono sempre più condannati all’umiliazione della prigionia perpetua. Nelle città del futuro, che è già del presente, i telebambini, sorvegliati da bambinaie elettroniche, contempleranno la strada da qualche finestra delle loro telecase: la strada dove viene dato il sempre pericoloso, e a volte prodigioso, spettacolo della vita”.

Far loro perdere questo prodigioso spettacolo è senza dubbio un impoverimento dell’esperienza: stiamo facendo loro perdere parte della magia dell’infanzia! Di certo nella checklist immaginaria che ci siamo fatti quando siamo diventati genitori non compariva la voce “Fargli perdere esperienze, autostima e la magia dell’infanzia”.

Lasciarli liberi di vivere questa magia ora è proprio il momento perfetto, innanzitutto perché la serenità generale ne beneficierà moltissimo, e in secondo luogo perché questo pone le basi per una vita adulta in cui saranno ancora capaci di stupirsi e di godere delle esperienze. Senza dubbio questo è uno degli strumenti che possiamo dare loro in dote per la vita per stare lontani dalla depressione e vivere invece una vita piena.
Se non è un gioco educativo questo...

CONSEGUENZE RELAZIONALI

Gli insegnanti e gli educatori sono oggi concordi nell’osservare che i bambini hanno rare occasioni di gioco libero. Per “gioco libero” si intendono i momenti in cui i bambini non sono gestiti dagli adulti in attività organizzate come lezioni, sport, corsi vari.
Nelle nostre routine quotidiane piene zeppe di appuntamenti i bambini non sono esclusi: tendiamo, vuoi per esigenza nostra di adulti, vuoi perché ci sembra di “dargli di più”, a occupare tutto il loro tempo extra-scolastico con attività estremamente variegate (e di solito di stampo istruttivo), dimenticandoci di ritagliare per loro del tempo
veramente libero.
A cosa serve questo tempo libero? Serve a imparare a stare con se stessi, in primis. E serve, anche, a mettere alla prova se stessi nelle relazioni con gli altri. A sperimentare se stessi come individui che fanno parte di una società. Vediamo in che modo.

Durante le attività organizzate le regole sono stabilite dall’adulto. Lo stesso a casa. Idem a scuola. Lo stesso succede per le relazioni con gli altri bambini: se c’è qualcosa che non va, subito l’adulto interviene e ristabilisce l’ordine.
Nei momenti di gioco libero i bambini hanno la possibilità di trovare “una quadra” alle regole dettate dagli adulti: le regole non sono più solo un’imposizione che viene dall’alto, ma cominciano ad essere avvertite in primis da loro stessi come una necessità per la convivenza.
In altre parole, se tutti ci impegniamo in prima persona a rispettare le regole, allora riusciremo a giocare. In caso di screzi, l’abilità di trovare un accordo fra noi è determinante per non dover interrompere il gioco.
Accidenti se è un gioco educativo lo stare all’aperto!

Lasciare lo spazio ai bambini per coltivare questi aspetti e sviluppare in se stessi l’impegno a ristabilire l’ordine, riparare alle ingiustizie quando vi assistono e difendere chi si trova in condizione di inferiorità è il primo passo che possiamo fare come genitori contro il bullismo: i fenomeni di bullismo non sono episodi che scoppiano isolati a opera di individui problematici, ma sono frutto di processi lunghi e ben distribuiti lungo l’infanzia in cui a un certo punto convergono in uno stesso ambiente individui di tre diversi tipi:
    • I BULLI: coloro che non sanno rispettare le regole, le persone, le cose e prevaricano
    • LE VITTIME: coloro che non hanno sviluppato nel tempo le risorse per affermare i propri diritti e la propria persona nella relazione con l’altro e vengono prevaricati
    • GLI SPETTATORI: coloro (e sono tantissimi: sono la parte numericamente maggiore a questa triade del bullismo) che assistono al fenomeno e non attuano alcuna misura risolutiva nemmeno ricercando l’intervento degli adulti
Bello esporre la bandiera della pace in terrazzo, ma stiamo lasciando ai nostri bambini la possibilità di coltivare in se stessi la scoperta, il desiderio e la responsabilità individuale insita nel concetto di pace?Non basta dire loro “Fai il bravo”, “Comportati bene”, “Restituisci il gioco” o “Chiedi scusa”, così come non basta spiegargli a parole come si nuota: bisogna allenarsi a nuotare!

CONSEGUENZE FAMILIARI

A che cosa vi fa pensare se diciamo bambini autonomi? Soddisfatti, appagati, scaricati?
Anche a voi richiama un clima familiare più disteso, nel quale c’è meno “braccio di ferro” continuo sulle regole, meno intervento richiesto del genitore, minori scoppi d’ira di grandi e piccoli, più apertura e collaborazione, più spazio per lo scambio e il dialogo?

Giocare al parco, in cortile, in strada, in giardino, nel campo o nel boschetto sotto casa richiede complessivamente uno sforzo all’adulto legato quasi esclusivamente al lavorìo con i panni da lavare e stirare, se ci pensiamo.L’abbiamo detto, non è poca cosa visto il carico delle nostre vite quotidiane. Ma questo lavorìo e, se proprio vogliamo mettercela, la seccatura di portare via un bambino probabilmente piangente dal parco, quanti vantaggi hanno? Dentro al bambino e intorno al bambino, si intende. Oggi e nel futuro. Tutte queste ricadute positive fanno parte del nostro progetto educativoRendono la vita complessivamente meno difficoltosa a noi e ai nostri bambini? Quando decidiamo quale gioco educativo far fare ai nostri bambini e dove farglielo fare, mettiamo per bene e consapevolmente tutti gli elementi sul piatto della bilancia!

CONSEGUENZE SOCIALI

Tutto ciò che abbiamo detto finora sulle conseguenze positive del gioco all’aperto non si restringe solamente al bambino, alla famiglia e alla sua piccola cerchia di frequentazioni.

Per quanto sembri una banalità, dobbiamo sempre tenere ben presente il fatto che il bambino che abbiamo di fronte oggi e che ci siamo presi il compito di educare è l’adulto di domani: questo individuo se ne andrà per il mondo e interagirà con le persone con gli strumenti di base che gli abbiamo fornito noi.

Certo, li perfezionerà, li amplierà e a volte cercherà anche di sostituirli con altri, ma quello che dobbiamo chiederci noi come genitori è: che strumenti voglio dargli oggi per l’immediato e per il futuro? Che conseguenze hanno le mie scelte su questo piccolo individuo oggi? E quali sul futuro?
Dopotutto riflettiamoci un attimo: quali sono le conseguenze sul futuro di individui non autonomi? O di chi non è stato abbastanza con se stesso da poter sviluppare la capacità di intrattenersi e di sviluppare uno spirito propositivo perché è abituato a veder il proprio tempo gestito dall’alto con proposte, imposizioni, iniziative? E di chi non ha avuto sufficiente spazio per allenarsi a stare con l’altro?
E’ un esercizio interessante, questo, se fatto con regolarità e con lo scopo di avere una maggiore consapevolezza del nostro operato come educatori.

E’ troppo facile prendere decisioni guardando solo all’immediato, alle scocciature, alla fatica, alla pigrizia, agli ostacoli: manteniamo, invece, uno sguardo più ampio e più collegato con i nostri obiettivi educativi e faremo sicuramente un lavoro migliore per i bambini e per la società di domani.

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